Tema 2024
Tema IT.A.CÀ 2024
RADICI IN MOVIMENTO
“Dove mai andiamo? Sempre a casa” – (cit) Novalis
Lo sradicato non può che essere alieno, pericoloso, per il solo fatto che si muove, e di fretta. Siamo diventati piante, alberi, foreste, radicati nella residenzialità. Eppure restiamo nomadi, erranti, sradicati, in cerca di un altro e di un altrove che fatichiamo a riconoscere se non per differenza: naturale–artificiale, animale–inanimato, umani–non umani, noi– loro.
Turisti-migranti, parole diverse che esprimono uno spostamento di persone a cui associamo immagini, stereotipi ed emozioni contrastanti, spesso opposte. Da un lato, i migranti o rifugiati percepiti come pesi morti, portatori di angoscia e pericolosità, da respingere in quanto “problema sociale”. Dall’altro, i turisti o viaggiatori da ospitare in luoghi confortevoli, in quanto portatori di un plusvalore immediato, in primis economico.
Radici in movimento sono quelle delle piante che non hanno confini. Che fanno nazione attraverso la mescolanza e ci insegnano un altro modo di stare insieme, di cooperare, di fare comunità e far mondo. Di fare foresta, in una relazione interspecie che tenga dentro anche i forestieri, gli stranieri – “La Nazione delle Piante non ha confini. Ogni essere vivente è libero di transitarvi, trasferirsi, vivervi senza alcuna limitazione” – Stefano Mancuso (La Nazione delle Piante – 2019).
Radici in movimento: non solo il recupero delle proprie radici, per chi discende da esperienze familiari migratorie, ma anche saper accogliere nuove radici sul territorio in cui si risiede, riscrivendo continuamente gli equilibri dei nostri ecosistemi. Poiché il territorio di riferimento non è più necessariamente quello in cui nasciamo, ma è dove decidiamo di mettere radici con la possibilità di toglierle nel momento che decidiamo di spostarci nel mondo; ci capita di mettere radici anche in luoghi non scelti, ma in cui ci ritroviamo a viverci. “(…) Ho una profonda attrazione per il concetto stesso di “radici”, per quel posto specifico e speciale nel quale ti senti te stesso con una nettezza, una precisione che altrove non avverti mai: l’altrove ti attira, ti affascina, ti cambia (spesso in meglio) ma se vuoi ritrovare un baricentro, uno specchio che ti riflette per davvero, il tuo posto è quello e solo quello.” – afferma Michele Serra, nel suo articolo “Mettere le Radici” 18 marzo 2024 (Post).
Radici in movimento sono quelle che si portano dietro i migranti quando partono e quando tornano a casa come turisti, alla ricerca dei luoghi, tradizioni e cultura dei propri antenati. Dando vita a un turismo che riguarda vecchie e nuove generazioni di migranti che nutrono quel forte senso di appartenenza e di nostalgia che li porta a recarsi nei luoghi di origine in vacanza, come turisti, ma che potrebbero anche decidere di fermarsi in pianta stabile in quei luoghi, facendone casa, diventando dunque “immigrati” di ritorno. Un cerchio che si chiude. Il filo invisibile che si manifesta.
Il tema scelto dalla rete nazionale per questa 16° edizione 2024 gioca su quello che è sempre stato il DNA del festival, il binomio tra turista e migrante, esplorando in tutte le sue tensioni e contraddizioni, in un tentativo di tenere insieme globale e locale, l’esotico e il giardino sotto casa, il mito epico e la peculiarità del genius loci.
In questa dualità i territori hanno bisogno, soprattutto quelli che più si sono spopolati in questo grande e continuo mutamento che rende l’Italia un paese di importanti migrazioni interne ed esterne, di ricostruire la loro memoria per meglio ritrovare quelle radici che anche localmente si sono perse o affievolite.
Ma che significato hanno “le radici” per chi emigra e per chi resta? Per entrambi c’è un rapporto con un luogo, che si vive, che si è vissuto, che si vuole continuare a vivere. Per entrambi c’è un affievolimento di quel luogo che diventa fragile nel suo graduale spopolamento. Eppure al contrario non tutti i luoghi che vengono densamente popolati si rafforzano nelle proprie radici.
Le grandi città, capolinea di molti percorsi, raccolgono storie che diventano poi anonime, e in tutto questo si perde il senso della storia personale e dei grandi agglomerati. Allora forse è nel saper fare propri, emigrati o stanziali che si ritrovi ad essere, i propri luoghi, che si può trovare una radice. È nell’atto stesso di portarla fuori dalla sua terra che essa la si può ri-conoscere. È questa la storia delle migrazioni, muoversi con il corpo e affermarsi con la propria memoria.
Un turista sostenibile, con questo bagaglio, può riconoscere negli altri luoghi una casa che incontra nel suo viaggio, con questa similitudine vogliamo approfondire il tema delle radici che ognuno di noi si porta con sé ovunque: che sia un cammino in un luogo vicino o un viaggio in un luogo lontano, escotico e sconosciuto.
Ci sono tante tipologie di viaggi delle radici quante sono le diverse esperienze migratorie: il periodo storico in cui gli avi sono emigrati, così come il luogo di destinazione scelto per iniziare la nuova vita sono spesso determinanti. E ancor più decisivo è l’immaginario connesso al viaggio e alla casa, la nostalgia e le fantasie legate all’avventura che fu o che sarà o le aspettative tipiche del “mito del ritorno” verso “casa”.
D’altra parte, come amiamo ricordare attraverso il Festival IT.A.CÀ (che in dialetto bolognese significa «sei a casa?»): il viaggio perfetto è circolare, parte da casa e arriva a casa, una qualsiasi casa, una qualsiasi Itaca da raggiungere, dove più che la meta, conta il percorso e il modo in cui ci si mette in cammino…“Dove mai andiamo? Sempre a casa” (cit) Novalis.
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