Inaugurazione della mostra fotografica del fotografo Max Cavallari
Cavallari dialogherà con Enzo Barnabà (autore Aigues-Mortes, Il massacro degli italiani), Claudio Mazzanti (curatore di The wall book), Giuseppe Sciortino (autore Rebus Immigrazione).
Ventimiglia, giugno 2015, una delle più gravi negazioni dei diritti umani che l’Italia abbia mai attuato dalla crisi dei flussi migratori degli ultimi anni.
500 esseri umani tra Eritrei, Siriani, Senegalesi e Somali si sono trovati le porte francesi di Menton, cittadina sulla costa appena dopo Ventimiglia, bloccate. In tutta risposta si sono organizzati per un presidio semi-permanente sugli scogli a pochi metri dalla ex dogana che divideva l’Italia dalla Francia prima dell’Unione Europea.
500 persone, tra cui ovviamente donne e bambini, costretti a vivere e dormire su pietre in riva al mare, davanti agli sguardi semi indifferenti delle famiglie intente a raggiungere la Costa Azzurra per un week end a base di sole, mare e shopping. I Francesi li chiamano “Les Crabes”, granchi.
In risposta si sente un urlo corale “WE DON’T GOING BACK”.
In questo presidio si sono organizzate associazioni, centri sociali, volontari francesi e italiani, si fanno attività ricreative, i profughi cercano di imparare l’Italiano e il Francese e la sera le associazioni arabe della zona vengono per fornire pasti e chiudere la giornata in preghiera, tutti assieme, in tempo di Ramadan.
Questo è il racconto dei dieci giorni passati con loro nel presidio.
L’autore della mostra fotografica si confronta con tre autori che hanno analizzato il fenomeno della migrazione:
Enzo Barnabà, che ha guidato Cavallari alla scoperta del confine di Ventimiglia, “Enzo Barnabà e il passo della morte”, giornalista, scrittore di saggi storici e romanzi.
Claudio Mazzanti, curatore di The wall book. History, art e Multimedia,una mappa concettuale che, senza nessuna pretesa di precisione od esaustività, possa fornire una bussola, una guida sommaria che ciascuno potrà arricchire o declinare liberamente. Nella mappa concettuale sono indicate delle macro-categorie in cui abbiamo accorpato diversi ambiti e significati che si possono attribuire ai muri, anche in funzione di alcune loro caratteristiche fisiche e/o semantiche.
«Il muro è un archetipo che accompagna l’uomo fin dai suoi primi passi. È un elemento quotidiano, da cui siamo attorniati, nelle nostre case, nelle nostre città, nei nostri sguardi. Vi siamo talmente abituati che non ci suscita domande, se non quando sale alla ribalta per qualche suo uso specifico. Ma il muro è denso di storia, di significati; ci accompagna, ci protegge, ci nasconde, ci parla. Ci invita a seguirlo, a sbatterci contro, a superarlo. Il muro è civiltà. Quando una qualsiasi superficie diventa muro, vuol dire che assume un significato, non è più solo una materia inerte, è diventato un oggetto culturale. Il muro ci difende, ma ci separa. Ci nasconde, ma lo usiamo per esprimerci. Ci protegge, ma lo vogliamo scavalcare».
Giuseppe Sciortino, autore di Rebus immigrazione (Il Mulino, 2017), insegna Sociologia generale nell’Università di Trento. Per il Mulino ha già pubblicato Gli immigrati in Italia (con A. Colombo, 2004) e Incontri con il pensiero sociologico (con G. Poggi, 2008).
«Il dibattito sull’immigrazione è il paradiso dei retori e dei velleitari: c’è chi invoca principi impraticabili e chi soluzioni odiose e irrealistiche. Questo libro invece parla del mondo reale. Da almeno cinque secoli le migrazioni sono una costante della storia europea: dalla pace di Augusta ai trattati di Schengen e Dublino è sempre stato necessario gestire la tensione fra il diritto di emigrare e il diritto degli stati riceventi di decidere chi ammettere e a quali condizioni. Non è mai stato facile, non lo è oggi. Un dato strutturale da affrontare non con buoni (o cattivi) sentimenti, ma con competenza e buona amministrazione».
A cura di Max Cavallari
Info e prenotazioni
338 909777
www.maxcavallariph.com