Due giorni (20 e 21 ottobre 2018) di disegno, chiacchiere e buon vino tra conchiglie fossili, vigne e chiese romaniche; sketch, schizzi, carnet, acquerelli e viaggi.
Nei secoli scorsi, quando uomini di cultura, esploratori, artisti, scienziati iniziarono a viaggiare per il mondo con il preciso intento di conoscerne i luoghi, la storia, i popoli e le usanze, le piante e gli animali – secondo quella sensibilità che ancora oggi ci appartiene come turisti e viaggiatori –, si portavano dietro (in assenza di macchina fotografica) taccuini, matite e acquerelli per fissare su carta immagini, situazioni, impressioni. Nascevano così i diari (o carnet) di viaggio, meravigliose opere composite, veri e propri collage di esperienze, ricchi di schizzi e acquerelli di luoghi esotici e animali bizzarri.
Era un turismo lento, assaporato in lunghe soste, riflesso nella complessità di quei taccuini che ne raccontavano le tappe, i monumenti, le luci e i pensieri. Un turismo che oggi diremmo responsabile, curioso, interessato a ragionare e meditare sull’altro, sull’esotico, sul differente, immune alla frenesia del mordi e fuggi e dell’omologazione consumistica.
Oggi è possibile, grazie a un genere artistico-narrativo-documentaristico come il carnet di viaggio riproporre quell’approccio. Se in altri Paesi molte persone si dedicano a questo delizioso passatempo da turista, in Italia si comincia a diffondere (di nuovo, dopo un secolo e mezzo) questa sana passione.
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