Travel Songs, le canzoni in movimento | Intervista a Emiliano Battistini

Cari lettori e lettrici questa 16esima edizione del Festival, carica di emozioni ed esperienze, sta per terminare, ma prima di salutarci per quest’anno, vi portiamo a scoprire curiosità delle ultime Tappe in programma.

Questa settimana parte  la Tappa IT.A.CÀ Parco Nazionale Monti Sibillini sull’appennino Marchigiano e tra i vari appuntamenti sabato 12 ottobre a Ussita (MC) ci sarà un evento dedicato alle “Travel Songs”. Ma cosa sono queste Travel Songs? Ce ne parla Emiliano Battistini!

Emiliano Battistini – Foto di Anton Roca

Benvenuto a IT.A.CÀ, Emiliano! Ci parli del tuo progetto musicale “Travel Songs”. Vuoi raccontarci di cosa si tratta, per far scoprire ai lettori questo viaggio in musica? 

Ciao, piacere! Certo, vi racconto volentieri. Il progetto musicale Travel Songs vuole far conoscere al pubblico una serie di canzoni che vengono da diverse parti del mondo e che ho raccolto in questi anni in differenti situazioni di scambio con altre persone in Italia e all’estero. In questo breve concerto, canto in differenti lingue: spagnolo, brasiliano, francese, inglese, dialetto veneto e dialetto abruzzese, sottolineando il fatto che anche i dialetti regionali sono lingue vere e proprie, adatte a descrivere luoghi, modi di pensare e di sentire delle popolazioni che li parlano. Nel cantare non ho una pronuncia esatta delle parole di queste lingue, ma anche questo va bene così: quando si è viaggiatori, spesso ci si trova a dover farsi capire tramite il bagaglio linguistico che si ha in quel momento, mettendo da parte la perfezione e lanciandosi nell’utilizzare quella o quell’altra parola per creare ponti con il tuo interlocutore.

Dal punto di vista musicale, Travel Songs è per ora un concerto per voce e chitarra, che punta alla semplicità dello scambio, quella dei menestrelli che viaggiavano di paese in paese per raccontare storie in musica, per aggiornare i paesani sulla cronaca più o meno importante. Allo stesso modo, infatti, le canzoni che ho selezionato parlano di temi attuali come: l’importanza di riscoprire un’agricoltura sostenibile; la scomparsa dai dizionari di parole del mondo naturale; il ricordare pratiche culturali legate al mondo vegetale, come la raccolta delle olive, o di pratiche artigianali, ormai scomparse, come quella del bisso veneziano; le migrazioni dei popoli e il loro mescolamento; il ricordarsi che ogni cultura nasce e si evolve grazie a contaminazioni, traduzioni, prestiti e appropriazioni… E infine, certamente, si parla di amore e di amori, un tema che non passa mai di moda, no? 

Emiliano Battistini – Foto di Isabella Bordoni 

Come è nata l’idea di Travel Songs? È stata ispirata da un’esperienza di viaggio particolare o da qualcos’altro? 

Il progetto, molto recente, nasce un po’ per caso proprio questa estate. Anche se la mia formazione è da chitarrista e cantante (sono diplomato in chitarra classica in Conservatorio e in fisiologia vocale presso il Lichtenberger Institut della cantante e medico Gisela Rohmert) è da più di una decina d’anni che lavoro nel mondo dell’arte sonora e della musica di ricerca. In specifico, mi interesso, sia da un punto di vista artistico che scientifico, al tema dell’ecologia acustica e del cosiddetto “paesaggio sonoro”, cioè dei suoni dell’ambiente e della loro importanza per gli esseri viventi, compresi noi umani.

Questa estate, però, in occasione di una veglia organizzata da SP31 presso l’ex-frantoio di San Savino, una nuova realtà agro-culturale nata nell’entroterra di Rimini, la curatrice Isabella Bordoni mi ha chiesto un intervento che si legasse al tema del racconto e del viaggio e che fosse comprensibile direttamente da tutti, anche dagli ascoltatori più semplici e senza particolari riferimenti culturali.

Così ho sentito che potesse essere il momento di riprendere la chitarra e una manciata di canzoni che ho imparato nel corso degli anni, in differenti luoghi e momenti di vita, canzoni imparate da amici stranieri o italiani, che erano rimaste lì, racchiuse in un quaderno o sospese nell’aria del mio salotto. Ogni canzone si lega a un momento di viaggio o a una storia di viaggio e dunque, da qui, dovendo dare un titolo che le raccogliesse tutte come in una valigia, eccole raccolte tutte sotto il semplice titolo di “Travel Songs”. 

Emiliano Battistini – Foto archivio Emilia Battistini 

La tappa locale del festival ha descritto il tema di quest’anno così: “L’Appennino è il luogo dove le tracce delle nostre radici sono rimaste: le comunità sono spazi dove tornare (o arrivare) per ritrovarsi e superare il senso di sradicamento; sono luoghi in cui possiamo riscoprire chi siamo, in equilibrio con l’ecosistema mondo, attraverso il recupero delle nostre radici.” Come si intreccia la tua musica con questo tema? Ti ritrovi in queste parole? 

Sì, mi ritrovo in queste parole. Ci sarebbe tanto da dire, provo a mettere in fila qualche spunto che mi viene in mente. Intanto, per chi vive in pianura o sul mare, come me, salire sull’Appennino credo possa dare una prospettiva differente sul proprio luogo di vita, trovare un tempo per respirare e uno spazio su cui commisurare distanze e proporzioni, riconsiderare i valori. Non è soltanto questione di ritrovare un ritmo più sostenibile di vita rispetto alla frenesia della città. Ma, anche, comprendere che in realtà tutto è connesso, che i paesi dell’Appennino fanno sistema con le valli in cui sono immersi e con le città a cui queste valli portano. Basta seguire il corso dell’acqua – oggi, ahimè, tanto sotto i riflettori delle cronache e dei media quanto poco studiato e approfondito –, vedere come i torrenti e i fiumi arrivano al mare. Leggere l’Appennino in base ai flussi d’acqua mette in luce la natura sistemica e dinamica delle cose e può essere una buona metafora per considerare anche il flusso di persone, il movimento delle genti.

L’Appennino è sempre stato un crocevia di cammini, di percorsi, di sentieri, e ci insegna che l’uomo è sempre stato viaggiatore, per necessità o per curiosità e che le radici sono sempre più lunghe, sottili e intricate di quanto sembrino. Un piccolo esempio. Per il mio lavoro di artista dedito all’ascolto del paesaggio sonoro, nel settembre del 2022 mi sono trovato a condurre una serie di registrazioni sul campo (field recording) sull’Appennino Tosco-Emiliano, registrazioni sia di suoni del paesaggio che di voci e canti tradizionali del luogo. Presso un paesino che si chiama Casteldelci, che rimane in provincia di Rimini, l’ex-medico e poeta Luigi Cappella mi porta a casa di Giuseppe Gabrielli, uno dei pochi anziani rimasti a conoscere dei canti tradizionali in rima.

In quell’occasione Gabrielli, al tempo ottantenne (è venuto a mancare proprio in questi giorni), ci raccontò come da bambino avesse imparato tali canti da un cantastorie che proveniva dalle città toscane e che risaliva le valli fino a svalicare sul versante romagnolo sia per intrattenere le genti che per trasferire informazioni. Insomma, al di là del valore etno-musicologico di questi canti è interessante sapere come fino alla Seconda Guerra Mondiale fosse ancora viva questa pratica dei “menestrelli” viandanti.

Anche se attualmente non canto canzoni originali ma mi faccio portavoce delle parole e delle musiche di altri cantautori, il concerto che propongo vuole avere un po’ questo sapore, riprendere in maniera contemporanea questa pratica tradizionale interrotta. In questo senso sull’Appennino ho trovato una delle radici del progetto Travel Songs. Infine, una nota biografica: sono molto contento di partecipare alla tappa di Ussita [programma sabato 12 ottobre]to arrivando! in quanto poco distante dal paese natale di mio nonno materno, Serravalle del Chienti: un’altra radice da riscoprire per me sull’Appennino.  

Emiliano Battistini – Foto archivio Emilia Battistini 

Qual è il legame del tema di quest’anno““Radici in movimento –Dove mai andiamo? Sempre a casa ( cit Novalis) e le “Travel Songs”? 

Mi è capitato di recente di assistere ad uno spettacolo di arte di strada, della compagnia di Filferristi Los Filonautas (a proposito di viaggi e di radici: una sudamericana e un tedesco che fanno casa base in Italia dagli anni ’90, ora nei pressi di Orvieto), il cui senso era racchiuso nella frase finale: “tornare in un posto conosciuto ci fa capire quanto siamo cambiati”.

Il legame tra quelle che possiamo chiamare “travel songs” e il tema nazionale del Festival  è proprio questa tensione che vi è tra i due poli del partire e del tornare, del qui e dell’altrove, dell’autoctono e dell’alloctono… contemplando tutte le possibili soluzioni, tra le quali il viaggiare rimanendo a casa (magari scoprendo radici che si allungano in terre lontane), da una parte, e il sentirsi sempre a casa ovunque si viaggi (ponendo radici di volta in volta, a creare reti), dall’altra. In questo senso, dovremmo arricchire la metafora delle radici per parlare della propria provenienza o appartenenza a un luogo, territorio o comunità, integrandola con tutti i tipi di radici che si trovano in natura. Le piante sono molto creative in questo: ad esempio, oltre alla classica immagine delle radici di un albero che si inseriscono nel terreno e che viene sfruttata dalla metafora, ci sono piante con radici aeree come la tillandsia e ortaggi che sono espressione di radici rizomatiche come i tuberi…

Tornando alle “travel songs” e al loro rapporto con il tema delle radici, è necessario dire che anche le musiche e le canzoni seguono gli stessi processi, essendo trasportate, come anche le altre espressioni culturali, dal movimento di uomini e donne o dal loro scambiarsi beni, saperi e conoscenze.

Le canzoni da me selezionate e proposte si inseriscono in un racconto di radici che si intrecciano, ad esempio: ho imparato la canzone messicana La llorona da un ragazzo belga che veniva a trovare la mia coinquilina francese quando abitavo a Parigi; la canzone brasiliana Casa da floresta, insegnatami di recente da un’amica, l’ho scambiata con una canzone tradizionale veneta, Stanotte m’ho insognà, appresa molto tempo fa quando ero agli inizi con la fisiologia vocale; la canzone The Lost Words Blessing del collettivo Spell Songs, dedicatami per il compleanno dal caro amico Enrico Partisani di Pennabilli, nasce dalla collaborazione di musicisti di varie nazionalità con base in inghilterra e prende la forma di una tradizionale ballata scozzese;  o, infine, Nebbi’ a la valle, canzone tradizionale abruzzese sui raccoglitori di olive, e Les amants de Saint-Jean, in cui la cantante francese degli anni ’50 Lucienne Delyle parla dei bal-musette, le balere parigine, raccontano entrambe storie di migrazioni e di amori perduti.

Queste sono esempi di Travel Songs: canzoni in movimento, nate dall’incontro, in patria o all’estero. Canzoni che raccontano come ogni identità locale ha in realtà radici multiple, che spesso arrivano da lontano, come le spezie o come i semi delle piante portati dal vento. 

Sito > https://www.emilianobattistini.it/

Ringraziamo Emiliano Battistini per averci fatto scoprire un nuovo modo di intendere e suonare la musica, legata all’esperienza di viaggio e alle connessioni tra persone.

Blog IT.A.CÀ
Sara Stellacci
Comunicazione IT.A.CÀ Festival
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