Ho conosciuto Luca Ciotoli in un piacevole giro in barca con Angelo Pittaluga nella Baia del Silenzio, da molti considerata tra i luoghi più incantevoli della Riviera Ligure. Aggiungerei, dopo aver sostato per ore nelle sovraffollate stazioni dei treni delle Cinque Terre, anche uno dei più sostenibili, dato che per preservare l’integrità di questo delicato ecosistema il Comune di Sestri Levante ha deciso di regolare l’accesso dei visitatori e prevenire un eccessivo affollamento.
La regola è chi prima arriva meglio alloggia, non chi è più ricco può pagarsi l’entrata. Complimenti al Comune, che sul sito si scusa anche per il disagio con quelle persone che (per questo motivo) “non potranno accedere alla Baia nell’ora desiderata”. Dicevamo di Luca, che insieme ad Angelo e tanti altri soggetti (fisici o giuridici) è stato per anni tra gli attivatori della tappa IT.A.CÀ Sestri Levante – Tigullo in Liguria.
Luca che a Sestri Levante ci è nato e aiuta a gestire le attività di famiglia – dal Bistromare, uno dei pochi ittiturismi della Liguria, a Villa Chicchi, un bed&breakfast nella magnifica casa famiglia – e che a Sestri porta le uve dell’Eroico, un vino che nasce sulle alture di Vernazza. Una delle Cinque Terre, appunto.
Terre che un tempo erano coltivate in ogni centimetro e che oggi vedono invece pochissimi produttori di vino e tantissimi turisti, troppi. “Qui si soffre lo spopolamento sin dagli anni ’50, dal dopo guerra, quando la gente se ne andava verso le città in cerca di una vita resa più agevole dall’industrializzazione e dai servizi più accessibili”. Come d’altra parte il 60% del territorio italiano, classificato come aree interne, proprio a causa di processi e caratteristiche simili, a cui la Strategia Nazionale per le Aree Interne (SNAI) cerca di porre un rimedio.
Seguo Luca insieme ad altri turisti che arrivano da Norvegia, Svezia, Regno Unito e Stati Uniti – tutte coppie tra i 30 e i 70 anni – e che come me sono curiosi di scoprire la storia di questo territorio e il sapore del vino che qui si produce. Il sole picchia duro alle tre di questo pomeriggio di luglio e la risalita verso la vigna è ardua. Ma Luca è molto bravo a intrattenere i partecipanti al wine tour, con il sorriso e un inglese fluente incoraggia tutti e allieta la fatica con aneddoti di vita e storie locali.
“Se qualcuno vi racconta che questi sono villaggi di pescatori non credeteci. Per quanto arroccati sul mare, siamo stati sempre contadini”. Sempre fino a quando la maggior parte ha deciso di emigrare verso le città appunto, e magari di svendere le proprie case colorate a quanti le hanno poi trasformate in alloggi per turisti. Man mano che il turismo di massa si accorge di questo spicchio di Liguria le vigne vengono abbandonate (“eravamo più di mille vignaioli e ora saremo circa 60” racconta Luca), i bar e i ristoranti si trasformano, spuntano focaccerie ad ogni angolo e con queste anche i negozietti che vendono calamite e souvenir.
Ma Luca resiste, e noi con lui in questa terrificante risalita verso la vigna.
All’entrata del Parco delle Cinque Terre, imbocchiamo un sentiero più incolto delimitato da reti protettive: “di un metro per i cinghiali, di due metri per i caprioli, di tre metri per i turisti, i più pericolosi!” ci racconta tra il serio e il faceto Luca. E quando finalmente arriviamo nella vigna ci ammonisce di non toccare le preziose e delicate uve, che risplendono quasi mature sotto il sole estivo, “neanche se state per scivolare verso il basso, mi raccomando”.
Giunti all’ombra del salottino che Luca ha creato tra i filari – “vedete che ognuno di questi porta il nome di chi lo ha adottato, persone che credono nel nostro progetto” – possiamo finalmente accomodarci su poltrone di legno e godere di una vista mozzafiato. Oltre che delle leccornie offerte: pesto, patè di olive, pomodori, schiacciate e soprattutto 3 bicchieri di 3 vini diversi, che alla fine diventano 4. E tra la degustazione di un vino e l’altro – uno di questi porta il suo nome “grazie alla pubblicità che ci ha fatto il film della Disney-Pixar” – scopriamo qualcosa di noi turisti che alla classica giornata in spiaggia abbiam preferito investire su questa esperienza e sostenere il progetto.
Ma soprattutto scopriamo che il vino prodotto da Luca e famiglia è Eroico di nome e di fatto, perché non si tratta di un vigneto normale, facile da curare, da raggiungere, ma di uve che crescono in zone impervie, nelle quali il clima, il territorio e la pendenza giocano un ruolo fondamentale. E noi lo abbiamo scoperto condividendo un po’ di sudore insieme.
Vini che sono salvaguardati e promossi dal CERVIM – Centro di Ricerca, Studi, Salvaguardia, Coordinamento e Valorizzazione per la Viticoltura Montana (Vini Eroici), che sono prodotti in poche quantità ma che proprio grazie all’unione di questi fattori climatici e produttivi risultano poi eccellenti. E possiamo dirlo con cognizione di fatto quando dopo il quarto bicchiere ci avventuriamo nella discesa ardita verso il paese. Un’esperienza eroica dunque, per addentrarsi in modo sostenibile nella vita coraggiosa di chi ha deciso di restare e resistere. Per farci dono di vini straordinarie e delle storie che si portano dentro.
Blog IT.A.CÀ
Co-fondatore e direttore IT.A.CÀ Festival
Pierluigi Musarò
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