Cosa significa oggi cercare le proprie radici? L’Italia del dopoguerra ha una storia che conosciamo bene, ma spesso ricordiamo di più lo sviluppo economico e non lo spopolamento delle aree interne e le sue conseguenti migrazioni.

In questo cammino abbiamo dimenticato chi siamo, per abbracciare in modo acritico un’idea di benessere e di progresso che oggi ci appare non più convincente. Guardiamo i centri e le grandi aree di sviluppo, finora protagoniste, con disillusione e in molti cerchiamo spazi inediti, dove mettere nuove (o di nuovo) radici.

L’Appennino è il luogo dove le tracce di queste radici sono rimaste: le nostre comunità sono spazi dove tornare (o arrivare) per ritrovarsi, dove ogni generazione può cessare di sentirsi in preda allo sradicamento; è il luogo che può farsi laboratorio dove capire chi siamo, dove trovare il nostro equilibrio nell’ecosistema mondo, passando attraverso il difficile e controverso recupero delle nostre radici.

Queste ultime, quando messe a fuoco solo da uno sguardo nostalgico, diventano mero riferimento esclusivo delle ennesime forme di un turismo (del ritorno o delle radici, appunto) troppo legate alle logiche di un facile consumismo capace solo di reiterarsi in modo perpetuo nel tempo.

Il turismo responsabile, la sperimentazione culturale e le forme di inclusione sono le nuove protagoniste del futuro che ci immaginiamo per il nostro paese, insieme a comunità pronte a mettersi in gioco e affrontare la complessità del mondo contemporaneo.

Come nella scorsa edizione, oltre ad Ussita e Fiastra (MC), il festival si svilupperà nei territori di Cessapalombo (MC) e Arquata del Tronto (AP).