E SE LE MIE PAROLE…
Se le mie parole fossero grandi come continenti, racconterebbero del mondo, dal picco più alto al mare più profondo. Direbbero di viaggi e di cammini. Di facce e miti e storie e meraviglie.
E se le mie parole fossero di sogno, allora vorrei prenderle per mano e non lasciarle più. Partire, poi, che l’andanza è occasion di vita densa da respirare a fondo. Puoi portarci quel che vuoi. Vederci quel che sei.
Guardando sguardi, annusando cibi, ascoltando i suoni di bocche antiche e d’esseri fantastici per i miei occhi d’un Occidente quasi dimentico d’incanto, le mie parole parlerebbero forse di gioia, e di stupore. Oppure di rabbia. O di cuore. Sature d’onirico, con un ritmo di fiaba, vagherebbero, forse, sui sentieri dei miti tribali, dove i boscimani danzano al chiar di luna a render grazie agli dei per la caccia e la buona acqua, dove gli xhosa battono sui tamburi le loro cadenze di guerra. Coglierebbero i giorni passare, immobili e uguali, dentro baracche di penombre povere e spoglie. Sprofonderebbero dentro occhi scuri come bitume a cercare i sopravvissuti allo scudiscio che tanto ha schioccato, maledetto, sui gropponi d’Africa e d’America. Brinderebbero al futuro dell’umanità, e alla potenza dell’animo umano, insieme a un bimbo smunto che spartisce il pane che gli porgo.
Siederebbero, quelle mie parole, davanti ai fuochi di legna, o nel profumo acre del carbone a mandar giù polente e zuppe e risi che ribollono nelle pignatte d’alluminio dei mondi dei poveri in canna. Sorseggerebbero tè o ombre di caffè per digerir lo schifo di cucine zozze di croste, o incoronar cene imbandite per ospiti sacri come dei.
Se le mie parole sapessero parlare direbbero di foreste da non saper la fine e piene d’occhi, solcate da fiumi dal respiro del mare. Racconterebbero deserti e uomini di sete, e picchi tanto aguzzi da far scoppiar le nubi. Vagando tra gli alfabeti arcani decifrerebbero corani e veda, curiosando tra i templi delle mille facce di Dio. Suggendo l’etere di danze sufiche, chissà, bramerebbero lo sguardo della Trimurti per raccontarne le gesta, brucerebbero copal a Huitzilopochtli, marcirebbero corpi su torri del silenzio.
Se le mie parole potessero volare, solcherebbero le Ande insieme ai condor, o come falchi caccerebbero lepri kazakhe nelle steppe. Accompagnerebbero transumanze e migrazioni, per cieli, monti e per savane. Brucerebbero tra i fumi dei vulcani o gelerebbero tra i ghiacciai antartici. Afferrando la coda alle balene viaggerebbero, le mie parole, per mari lontani fino a terre remote, ascoltando dialetti di pochi. Isole d’uomini in estinzione.
Se le mie parole potessero cambiare il mondo, allora tempesterebbero città e castelli e, fatte vento, spazzerebbero campagne e declivi e valli e boschi portandosi la sugna delle anime morte.E poi, stanche di tanto parlare, giacerebbero negli ovili, nel profumo di sterco, esauste, zitte su un giaciglio di paglia.
Le mie parole, oggi, vorrei che s’udissero col cuore, ch’emergessero dall’ombra per portare gli sguardi a trasvolare sopra i continenti.
E li facessero pensare.
Per queste pagine.
Dall’alto.
Libere.
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Un “taccuino di strada”. Così Paolo Brovelli, geografo e scrittore, viaggiatore per passione e per professione, definisce il suo nuovo libro. Una definizione suggestiva, ma forse troppo semplice per un testo che volentieri parte alla ricerca di ispirazioni narrative e poetiche.
Un’idea maturata in più di trent’anni di peregrinazioni nei vari continenti, un viaggio lungo tutto un pianeta e tutta una vita, pieno d’impressioni, luoghi, persone, riflessioni. Pieno d’emozione. Colori diversi per pezzi diversi, per tempi e spazi diversi. Approdati su queste pagine per mettere in risalto la varietà del mondo, e trovarne i fili. E per raccontarli con la sola forza della parola, deliberatamente liberata dalla ormai tirannica presenza delle immagini, per ridonare spazio ai mille sensi della fantasia, slancio vitale del viaggio. I viaggi di Brovelli, alcuni particolarmente avventurosi, sono evocati e raccontati qui in frammenti, spunti per inoltrarsi in altrettanti percorsi storici, geografici, antropologici. Percorsi che sono un invito, per chi ha voglia e cuore di aprirsi al mondo, a volare alto, a osservare la complessità e la bellezza della Terra e a capirla.
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Paolo Brovelli – oudenos@gmail.com