Carissimi viaggiatori e viaggiatrici, in questo post vi vogliamo far conoscere Liliana Medici e Michele Boschi due guide ambientali dell’Appennino bolognese che con la loro scelta di vita insegnano a come amare la propria terra di origine, prendersene cura e trasmettere ai visitatori la bellezza di questo angolo d’Italia.
Liliana, ci potresti raccontale il tuo progetto “Al Pelegrén”?
Il dialettismo “Al Pelegrén” per noi sta ad indicare il pellegrino nel duplice aspetto di chi è sempre in giro e, nell’accezione giocosa del termine, del perdigiorno; in altre parole il pellegrino che rispecchia un pò il nostro modo di essere. Siamo Liliana e Michele due guide ambientali e un tour leader con un passato comune di migranti alle Canarie sull’isola di Lanzarote.
Qui abbiamo iniziato ad accompagnare turisti alla scoperta dell’isola coinvolgendo sempre più italiani e scoprendo allo stesso momento di quanto questa professione fosse in linea con il nostro sogno di abbracciare un turismo rispettoso dell’ambiente, della nostra esigenza di essere al contatto con la gente e del desiderio di raccontare l’aspetto autentico di un luogo.
Qual’è stata la motivazione che vi ha portato a fondare Al Pelegrén e soprattutto descrivici com’è nato…
L’emblema del Al Pelegrén è il nostro logo: la raffigurazione delle nostre due sagome in cammino. L’essere in continuo movimento e il richiamo della nostra terra di origine hanno fatto sì che quello che facevamo a Lanzarote lo abbiamo portato in Appennino. Siamo passati da un’isola prevalentemente pianeggiante, piena di cactus e rocce laviche alla montagna di Monghidoro con i suoi dolci rilievi, boschi e terra argillosa.
Poco dopo il ritorno in Italia, io ho preso il patentino di Guida Ambientale Escursionistica (AIGAE) e Michele quello da tour leader continuando a portare gruppi in visita sull’isola fino a quando è arrivato il Covid, che ha bloccato i viaggi ma non la nostra voglia di andare avanti: è stato in quel periodo che Michele ha superato l’esame per diventare Guida Ambientale Escursionistica!
Qual’è il punto di unione fra la vostra realtà e IT.A.CÀ Festival del turismo Responsabile?
Ci riconosciamo nella definizione di locale ossia nell’importanza del micro–turismo. Quello a cui puntiamo è rivolgerci a una nicchia di viaggiatori che sono alla ricerca di conoscere l’aspetto autentico di un territorio, che lo rispettano e che desiderano farsi coinvolgere in tutto: sentire addosso il fresco bosco di una Faggeta, vedere il sole che sorge nel solstizio d’estate, degustare una prelibatezza locale, ascoltare la storia della ricetta e dei suoi ingredienti a chilometro zero…
Come è successo l’anno scorso quando con IT.A.CÀ Bologna ho realizzato un itinerario per ipovedenti alla scoperta del castagno e delle comunità dell’Appennino ad esso legate, un’esperienza di turismo accessibile rivolta a persone con e senza disabilità visiva che sto inserendo in altre proposte per la Fondazione per lo Sport Silvia Parente.
“Il turismo responsabile è il turismo attuato secondo principi di giustizia sociale ed economica e nel pieno rispetto dell’ambiente e delle culture. Il turismo responsabile riconosce la centralità della comunità locale ospitante e il suo diritto ad essere protagonista nello sviluppo turistico del proprio territorio” Definizione di AITR – come questo principio di base su cui fonda il turismo responsabile può essere sviluppato all’interno del vostro progetto lavorativo?
La scelta di vita su cui si basa la nostra attività è la ‘restanza’ ossia la decisione di vivere in Appennino, come hanno fatto i nostri nonni, e di recuperare tradizioni e saperi che appartengono al nostro modo di essere. Questa scelta ci ha permesso di vivere locale, costruire relazioni vere con le persone dell’Appennino e avere un’identità nel tessuto sociale.
Allo stesso tempo sono tante le difficoltà che riscontriamo, ogni attività che vien facile in città qui non è per niente scontata: avere difficoltà nel raggiungere un luogo per mancanza di collegamenti, o che siano interrotti dalla neve o persino da frane come è successo ultimamente!…
Tuttavia nella Natura ci sentiamo a Casa e l’esperienza turistica che viene a crearsi è unica perché trasmettiamo cosa significa vivere veramente in questi territori tanto belli quanto fragili e quanta responsabilità implica il fatto di occuparsene coscienziosamente.
Il tema di questa 15° edizione del festival è “Tutta un’altra storia. Le comunità raccontano i territori”. Quale storia raccontate ai viaggiatori e agli abitanti del zone limitrofe? e come questa possa essere motivo di riflessione collettiva.
Raccontiamo storie che appartengono a due territori che mi piace definire uno ‘al di qua’ nel Comune di Monghidoro dove viviamo e l’altro ‘al di là’ nel comune di San Benedetto Val di Sambro .
Il primo racconto è la storia di un itinerario che percorre il Parco Naturale della Martina, una area naturale riconosciuta dall’UE come ZSC (zona speciale di conservazione), dove andremo a scoprire la parte più “selvatica” di Monghidoro. Questa zona è frequentata da gente locale e turisti attratti da un campeggio con un’osteria che ha l’ambizione di creare un collettore di esperienze a servizio di tutti, dove chi vuole può portare idee e realizzarle. Un punto di comunione tra la gente locale e i desideri di chi vuole vivere come turista per farsì che le due realtà possano convivere e condividere momenti, rispettando l’ambiente, la cultura e la storia del luogo.
“Al di là’ è un itinerario che si snoda in Castel dell’Alpi, frazione di S.Benedetto Val di Sambro, dove nel 1951 si è creato un lago a seguito di una frana che ha travolto il borgo sbarrando il corso del torrente Savena. A testimonianza di quel borgo che non esiste più sono rimasti solo la chiesa e il suo annesso campanile. Nonostante questo triste passato, oggi Castel d’Alpi è una meta turistica ma anche un esempio evidente di come una giusta manutenzione dei corsi d’acqua può essere un’ottima prevenzione al peggio oltre che una risorsa per produrre energia elettrica.
Siamo convinti che attraverso il cammino rispettoso e giocoso lungo gli itinerari dei due territori, le occasioni di ascolto della storia raccontata dalla gente locale, la scoperta delle tradizioni che sono la base di innovazione per il futuro, si creano delle vere e proprie esperienze di connessione con la natura. Queste sono il filo conduttore del nostro operare; il punto di unione tra passato e presente, tra il turismo e l’Appennino.
In attesa di poter incontrare Liliana vi ricordiamo che avrete la possibilità di farlo all’interno della nostra 15° edizione della tappa madre IT.A.CÀ Bologna dal 15 settembre al 15 ottobre: intanto buon viaggio!
Rossella Martino
Volontaria Comunicazione
Tappa IT.A.CÀ Bologna
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