Cari viaggiatori e care viaggiatrici, in questo post vorremmo parlarvi di Gianluca Burani e del suo sogno di creare un luogo che potesse diventare rifugio dallo stress delle città e farci connettere con la natura per trovare serenità e tanta buona frutta. Il luogo che ha scelto è proprio dove lui è nato e cresciuto: nella periferia di Cavriago, Reggio Emilia.
Lui e il suo gatto ci accolgono nelle Trebiolche uno spazio verde dove, l’attenzione e la responsabilità che ha per l’ambiente, si traduce concretamente nell’orto e nel frutteto sinergico. Vi raccontiamo come il suo progetto si traduce in bellezza per tutti: turisti e visitatori…
Gianluca, ci potresti parlare in breve del tuo progetto di micro-farm e di come è nata l’idea di realizzare dal nulla questo tuo sogno?
Come molti eventi della vita, una serie di accadimenti mi hanno portato su questo sentiero: un viaggio da turista in Australia che si è trasformato nel primo approccio con la permacultura; un piccolo terreno di tre biolche reggiane (circa un ettaro) ereditato dai miei nonni; il desiderio di occuparmi della terra e di sfogare la mia tensione creativa; la passione per il mondo vegetale e la voglia di costruire un modello che fosse utile per il territorio circostante, ampiamente degradato ed inquinato.
Ed oggi, eccomi qui a raccontarvi di come è nato il mio agrigiardino un luogo in un certo modo “sacro”, dove poter sperimentare l’energia e la vitalità che normalmente possiamo trovare soltanto spostandosi o viaggiando. Questa estate ospiterà per la prima volta un piccolo festival di culture e colture: Accoltiviamoci. Non vedo l’ora di accogliere più persone in questo spazio!
Quanto hai creduto nelle potenzialità del tuo luogo e cosa ti ha spinto a resistere nei momenti più cruciali.
Il momento cruciale in cui ho capito di dover fare una scelta radicale è stato quando, dopo vari anni di lavoro frenetico come titolare in un’azienda industriale, ho realizzato che quello che cercavo era proprio dedicarmi completamente a questo progetto. Con l’uscita dall’azienda ho intrapreso questo cammino che, per diversi anni, è stato tanto appagante quanto duro e stancante: caldo, freddo, fatica, insuccessi, delusioni. Sono parte della vita nella Natura. E’ un insegnamento che le nostre menti meccanicistiche ed organizzate, fanno fatica ad accettare.
Ci vuole costanza ed adattabilità, e nel mio caso, la forza di perseverare è venuta da Cristina, la mia compagna e dalla mia famiglia di origine. Senza dimenticare poi l’amicizia di chi, da volontari, hanno dato una mano nel creare il luogo.
Che cos’è, in breve, la permacultura?
La permacultura è un metodo di progettazione di sistemi umani, ovvero di qualunque sistema che comprenda all’interno l’essere umano. L’unicità di questo metodo sta negli elementi di: cura della terra, cura delle persone e redistribuzione del surplus (o anche “cura del futuro”). Mettere in pratica questo modello deve rispondere all’unica direttiva: prendersi la propria responsabilità.
Ma la permacultura è anche semplicemente tanto buon senso. Dal mio punto di vista è un impianto intellettuale in grado di fornire risposte per affrontare le sfide che siamo chiamati ad affrontare in un momento difficile come questo.
Come le parole ‘Il bosco dei mille frutti’ diventano portatrici del valore della tua passione?
Il nome – Il bosco dei mille frutti – è una sintesi di obiettivi e modalità operative: il “Bosco”, la foresta come rimando ad modello ecologico stabile, produttivo, in grado di irradiare bellezza e di aiutarci a rigenerare il territorio.
“Mille frutti”, che rimanda alla biodiversità, sia in senso ecologico che sociale, come fattore di resilienza di un sistema. Un mondo fatto di persone diverse ma interagenti in maniera positiva e mutualistica, in un sistema armonico ed inclusivo, dà come risultato ultimo l’equilibrio sistemico.
Come i valori su cui si basa il turismo responsabile e di conseguenza il nostro festival possano incrociarsi con il tuo progetto?
Il tema del turismo ha sempre avuto una profonda rilevanza in tutto ciò che oggi è il progetto Trebiolche. Primo perché tutto nasce da un mio viaggio ed è proprio grazie alla contaminazione dei tanti viaggiatori-volontari accolti nella vita della nostra famiglia che, condividendo il loro tempo nella creazione del progetto, hanno contribuito a sviluppare ed arricchire il mio agriorto. Secondo perché il viaggio ed il turismo, sono obiettivo del modello intellettuale che sta alla base delle Trebiolche.
È mia profonda convinzione che in un futuro ormai prossimo tutti noi dovremo necessariamente muoverci di meno, primariamente per ragioni ecologiche. Ma non possiamo rinunciare al “viaggio” ed ecco che gli spazi di permacultura a ridosso delle città diventeranno nuove mete di viaggio.
Visto i gravi fatti accaduti in questo momento in Romagna, come possiamo promuovere e sensibilizzare le persone sui cambiamenti climatici per pensare a un futuro diverso? Come questi possono impattare i nostri territori e culture?
Dobbiamo riprogettare un territorio che è stato trattato come una semplice fonte di reddito, anziché pensare che era, è e rimarrà un ecosistema complesso. L’impianto intellettuale della permacultura ci viene incontro ed è anche urgente un salto culturale: rallentare, prendersi cura, rinunciare ad un po’ di benessere individuale e ad un po’ di profitto a favore di un vero benessere collettivo, che includa persone, animali, piante, territorio, ossia l’ecosistema nel suo complesso. È l’ecosistema il punto di partenza e di arrivo. Da qui si dovrà partire la creazione dell’economia del futuro. Non c’è futuro senza un territorio che ci dia salute, bellezza e stimoli.
Ringraziamo Gianluca e il suo gatto allegro, per averci accolto e raccontato la storia di come un sogno può diventare realtà augurandogli che le sue Trebiolche possano essere da esempio per chi desidera creare bellezza per tutti!
Rossella Martino
Volontaria Comunicazione
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