Tutta un’altra storia – Le comunità si raccontano. Anche il tema di quest’anno è ricco di stimoli e suggestioni. Il Festival IT.A.CÀ si conferma uno spazio collettivo di grande creatività e immaginazione ed è quello che ci vuole in questa contemporaneità grigia e che stenta a trovare narrazioni forti capaci di aprire inediti orizzonti di speranza. Nella breve ma intensa illustrazione di motivazioni e significati che hanno determinato l’elaborazione del tema di quest’anno, ci sono alcuni passaggi che ritengo molto significativi.
Tra tutti la necessità nel tempo nuovo post pandemico di riscoprire la profondità del contatto fisico tra le persone che vuol dire andare oltre il dominio del virtuale e della ritrovata vita da frullatore a cui siamo tornati troppo velocemente.
Abbiamo estrema necessità di riscoprire il contatto fisico con il mondo come illustra in modo efficace il filosofo Byung Chul Han nei suoi ultimi libri, soprattutto nel “Le Non Cose – Come abbiamo smesso di vivere il reale”.
Dobbiamo riprendere la bellezza degli abbracci come cura di se, dell’altro e di conseguenza del territorio in cui dovremmo trovarci a vivere in modo nuovo. Nel mio ultimo libro “Passo dopo passo. La cura del sé, dell’altro, del territorio” punto l’attenzione proprio sulla necessità di ripartire dal sé per arrivare a prendersi cura della comunità cui apparteniamo in modo più o meno stabile e dei luoghi che danno un senso alla nostra presenza nel mondo.
Come dice l’antropologo Vito Teti i luoghi dovremmo attraversali di nuovo lentamente, camminandoci dentro per riabitarli in modo inedito e io aggiungo con amore e cura. I luoghi mutano e con essi dovrebbe mutare la nostra interazione creando insieme alle comunità cui apparteniamo una nuova storia.
Nuovi orizzonti su cui costruire narrazioni che prima di essere eterodirette verso visitatori e turisti devono creare nuovi cammini di consapevolezza collettiva. La riscoperta di un’intimità personale e collettiva ci aiuta a ridare un senso alle cose che ci circondano riscoprendone l’utilità e ci apre a uno sguardo nuovo verso il territorio che ci ospita.
Ci sono esperienze molto interessanti anche dentro le tappe di IT.A.CÀ che provano da tempo a praticare una rinnovata conoscenza dei territori mutanti con un’attenzione costante a non lasciare dietro la comunità con tutte le sue frammentazioni e conflitti.
Di nuove storie collettive hanno tanto bisogno le comunità e non possono che nascere da un rinnovato amore verso il territorio sia esso il quartiere degradato di una grande città o il più piccolo agglomerato di case in Appenino.
Non ci possono essere nuovi orizzonti da raggiungere senza un rinnovato innamoramento che passa nel tornare a riconoscersi nei territori come presenza amorevole e di cura.
Sono processi lenti ma necessari e a noi spetta il compito di seminare pensando – come ci dice Vandana Shiva – alle 7 future generazioni che verranno. Per inventare una nuova storia abbiamo bisogno della gioia di fare cose belle e profonde oggi avendo, nello stesso tempo, lo sguardo molto lungo.
Da questi presupposti si può creare una nuova narrazione collettiva che vada oltre i tempi asfissianti della politica che anche nel famoso PNRR sta dimostrando di non avere nessun interesse a visioni lunghe di futuro che presuppongono una profonda conversione ecologica. Se non c’è ecologia della mente è impossibile pensare a quel capovolgimento radicale di cui abbiamo bisogno.
Un grazie speciale alla rete nazionale IT.A.CÀ per praticare da anni creatività, immaginazione ed utopie concrete: è una semina necessaria!
Paolo Piacentini
Presidente Onorario Federtrek
Scrittore
Membro Comitato Scientifico IT.A.CÀ
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