Nei giorni 28 e 30 settembre, il progetto “End Climate Change, Start Climate of Change”, capofila WeWorld, ha partecipato al DEAR Exchange Hub – Migrations, Climate Change and Youth Engagement a Tallinn in Estonia.
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Abbiamo chiesto quindi al team dell’Università di Bologna di raccontarci l’esperienza e aiutarci a comprendere cosa significa parlare di migrazioni e di cambiamenti climatici e cosa è successo durante l’incontro di networking con gli altri progetti finanziati dal #Dear Programme.
Il nesso tra cambiamenti climatici e migrazioni
Durante l’estate ci arriva la richiesta di partecipare al Dear Exchange Hub, un momento di networking tra progetti finanziati dal programma Dear in cui riflettere insieme sul nesso tra crisi climatica e migrazione, oltre che condividere metodologie e approcci utilizzati durante le attività.
Ci siamo quindi chieste in che modo avesse avuto senso valorizzare l’attività svolta nell’ambito del nostro progetto e come fare in modo che l3 partecipanti potessero cogliere le necessarie sfumature che si celano dietro tematiche così complesse come quelle delle crisi climatiche e delle migrazioni.
Dai dati della Banca Mondiale emerge la proiezione per cui entro il 2050, 216 milioni di persone saranno costrette a lasciare il proprio paese d’origine a causa dell’impossibilità di vivere in condizioni climatiche ostili.
Leggere questo dato sganciandosi dalle condizioni sociali, economiche, politiche, culturali che caratterizzano la geopolitica internazionale del pianeta è però un errore grossolano.
Per questo motivo, durante il progetto, le colleghe Elena Giacomelli e Sarah Walker, hanno sviluppato e testato una metodologia di ricerca che puntava a de-naturalizzare la crisi climatica.
Quello che stiamo vivendo non è una crisi che attiene al cambiamento del clima, ma è piuttosto un incontro di co-responsabilità tra cambiamenti climatici, politiche economiche, sociali, industriali del Nord Globale a scapito di un Sud del mondo che ne subisce le conseguenze, spesso, senza nessuna possibilità di scelta e di possibilità di modificare i processi.
I Climate Diaries
Dalla necessità di dar voce alle persone che vivono sulla propria pelle gli effetti della crisi climatica, la miopia e de-responsabilizzazione che i governi locali ed internazionali agiscono rispetto alle conseguenze che alluvioni, innalzamento dei livelli del mare, siccità e gravi fenomeni climatici causano su interi villaggi, città e popolazioni, nascono i Climate Diaries.
I Climate Diaries sono uno strumento di ricerca partecipativa che permette di visualizzare l’impatto che la crisi climatica sta avendo, attraverso l’utilizzo del proprio smartphone, la condivisione e l’emersione di sentimenti e punti di vista di chi vive in zone ad alto rischio climatico.
Se dalla ricerca realizzata in Senegal, Kenya, Guatemala e Cambogia emerge chiaramente l’interconnessione tra crisi climatica e fattori sociali, politici ed economici caratteristici dei paesi coinvolti, l’elemento che questo approccio ha fatto emergere in maniera trasversale è l’importanza di adottare strumenti accessibili ed inclusivi nelle ricerche istituzionali.
I risultati della ricerca sono visibili…
Da maggio 2021 ad oggi, il gruppo di lavoro dell’Università di Bologna, Dipartimento di Sociologia dell’Economia e del Diritto, si è impegnato perché i Climate Diaries diventassero uno strumento a disposizione di giovani attivisti e studenti che, attraverso la sperimentazione del metodo, avrebbero potuto acquisire consapevolezza su queste tematiche e contestualmente individuare nuove forme di partecipazione e di coinvolgimento giovanile.
Da questa riflessione sono nati quindi due esperienze che hanno permesso ad un gruppo di studenti e studentesse di Unibo, attiviste e volontarie dell’associazione Vicini d’Istanti, di replicare l’esperienza e di riflettere insieme ai propri coetanei sugli impatti che la crisi climatica sta avendo sulle loro vite e sulla percezione di quella che è la loro realtà.
La partecipazione a Tallinn
La partecipazione a Tallinn nei giorni 28 settembre e 1 ottobre, durante DEAR Exchange Hub – Migrations, Climate Change and Youth Engagement aveva quindi come obiettivo quello di disseminare ulteriormente metodologia e approccio e, contestualmente, favorire una riflessione analitica con gli altri 9 progetti europei coinvolti.
Dopo una breve presentazione della metodologia e dei risultati della ricerca, abbiamo deciso di realizzare un workshop, adattandolo al contesto, che ha permesso ai partecipanti di testare il metodo e di riflettere insieme.
L’effetto è stato quello sperato, agire un momento di riflessione consapevole ampia tra attivisti, project manager e referenti istituzionali coinvolti nei progetti, su cosa significa crisi climatica e su cosa significa mobilità.
Crediamo fortemente che l’Università possa diventare un attivatore sociale, capace di disseminare sapere e di condividere pratiche che allargano le possibilità di agire cambiamenti, favoriscono relazioni interdisciplinari e contestualmente siano base di ricerca continua perché le ingiustizie sociali siano analizzate nella piena consapevolezza della loro complessità. Solo guardando ai fenomeni per quello che sono e a socializzare le competenze, favorendo interrelazioni efficaci, possiamo provare ad apportare cambiamenti di senso, “ciascun* secondo i propri bisogni, ed ognun* secondo le proprie possibilità”.
Blog IT.A.CÀ
Stefania Peca
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