Il grande lago Salar che piange lacrime di sale: viaggio in Bolivia!

Non avrei mai immaginato di dire “ho scalato una montagna!”. Quella montagna era Tunupa, un vulcano spento che domina da nord il lago salato più grande del mondo, il Salar di Uyuni, Bolivia, Sud America.

Tunupa secondo la cultura aymara è una montagna sacra e in quanto tale da questa dipendono molte fortune o sfortune della vita delle popolazioni locali. E’ buona prassi rivolgersi a lei quando s’intraprende un viaggio per il grande lago salato e farle una piccola offerta, le sono grati alcool puro e qualche foglia di coca. Il Salar è talmente esteso (parliamo di circa 12 mila kilometri quadrati) che è facile perdere il senso dell’orientamento sia perché non si hanno punti di riferimento sia perché in caso si possegga una bussola o un gps, questi vanno in tilt a causa del magnetismo provocato dalla spessa crosta di sale.

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Per arrivare sulla cima del vulcano Tunupa a 5.106 m.s.l.m. si parte dal villaggio di Coqueza, da un’altitudine di 3.684 m.s.l.m. Io non ero molto cosciente di ciò che mi aspettava e forse è stato meglio cosi.

La bellezza del paesaggio, il silenzio, la luce, la concentrazione sui miei passi mi hanno permesso di arrivare a quella zona del vulcano che assume dei colori spettacolari, dal viola al rosso all’arancione. Le sensazioni che ancora mi tornano in mente sono la leggerezza e purezza dell’aria al respirarla, il silenzio quasi rumoroso e la vista che si perdeva senza limiti. La soddisfazione di arrivare fino alla cima ha appagato la fatica del ritorno che ricordo come massacrante.

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Come alloggi la zona offre in generale semplici alberghi a conduzione familiare con stanze, bagni in comune e sale da pranzo. Esiste anche una catena di alberghi, la “red Tayka” costruita secondo canoni internazionali di categoria e confort.

Dove ho dormito io era un piccolo albergo vicino alle sponde del lago salato con i muri fatti di blocchi di sale come le basi dei letti e i tavoli su cui abbiamo cenato. La cena tipica è carne di lama e “quinua”, il cosiddetto “grano de oro” già consumato in epoca Inca. La quinua è uno pseudo cereale della famiglia degli spinaci particolarmente nutriente e priva di glutine. I grani di quinua sono di vari colori: giallo, rosso, amaranto, perfino viola tendente al nero e visitare queste zone in epoca di fioritura significa assistere a uno scenario meraviglioso. Infatti questa è la zona di maggior produzione in Bolivia proprio perché la pianta cresce in suoli sabbiosi e salini.

Prima di andare a dormire decido di andare a vedere le stelle. A queste altitudini le puoi toccare con mano. Da qui si vede un altro cielo rispetto al nostro in Italia, è il cielo delle notti australi. Qui la Croce del Sud è la stella che prende il posto della stella Polare, la si trova nella Via Lattea Australe, è quella che garantisce l’orientamento in direzione del polo sud.

Dopo la giornata dedicata a Tunupa, attraversiamo il lago salato con delle auto 4×4 per arrivare a un’isola in mezzo al lago che si chiama Isla Incahuasi (“casa dell’inca” in lingua aymara). Questo posto è molto rappresentativo del lago tanto che è la sosta per eccellenza di tutti i tour operator e ciò non è un bene. La capacità di carico di questa piccola isola è limitata anche per il delicato ecosistema che rappresenta. Su quest’isola c’è un giardino di cactus millenari, alti dai 5 ai 10-12 metri che danno vita a un ecosistema unico al mondo. Tanto le agenzie di viaggi e i tour operator locali quanto le istituzioni pubbliche non hanno la “sensibilità” sufficiente per difendere e proteggere tale ricchezza. Da qualche anno i due comuni territorialmente interessati da questa zona si sono associati per fondare la Mancomunidad Incahuasi che è nata per cercare di gestire questo patrimonio.

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Dopo l’isola Incahuasi siamo andati in direzione sud, verso il confine con il Cile. Le zone di frontiera hanno sempre qualcosa di affascinante per me, sono terra di nessuno in cui l’immaginazione può spaziare come vuole. In quest’area meridionale del Salar e della Boivia si trova la riserva naturale “Eduardo Avaroa”, terra arida, vulcanica, ricca di minerali e rocce; regione geotermica dove le riserve d’acqua diventano lagune, acque termali e geyser. Un paesaggio lunare. Prima di entrare in quest’area protetta si attraversa il “Deserto di Dalì” così soprannominato perché nelle sconfinate distese di sabbia si trovano rocce scolpite dal vento in modo cosi particolare da sembrare disegnate dal pittore surrealista.

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Un’altra sorpresa che ci aspetta è ai piedi del vulcano Licancabur, quello che delimita il confine tra la Bolivia e il Cile. Si tratta di una laguna dal colore verde smeraldo intenso (grazie all’alta percentuale di boro), è un contrasto di colori che permette anche al fotografo meno esperto di catturare immagini stupende. Di solito arrivando fin qui si passa anche da un’altra laguna che è di colore rosso per il ferro presente che regala un altro tipo di emozione data da grandi stormi di fenicotteri rosa che vivono in quest’area.

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Sono almeno tre giorni il tempo necessario per godersi questo angolo di mondo. Sono distanze lunghe, spesso con imprevisti, almeno un guasto alla macchina con cui si viaggia è da mettere in conto o rimanere senza elettricità la notte, il clima rigido possono essere le situazioni che stancano di più ma se la curiosità, la voglia di conoscere e un po’ di avventura fa parte del vostro bagaglio non ne rimarrete delusi.

Se da una parte ho avuto il privilegio di conoscere posti meravigliosi, incontrare persone speciali e vivere situazioni molto diverse dalle mie abitudini, dall’altra ho conosciuto la complessità dell’attività turistica soprattutto in paesi dove questo tipo di fenomeno è nato spontaneamente quindi senza un processo di sviluppo graduale e mirato. La nota positiva è che in questi ultimi anni finalmente alcune comunità locali hanno trovato il modo di appropriarsi dei loro territori e di queste ricchezze organizzandosi in associazioni che propongono itinerari e viaggi alternativi al tour tradizionale che provoca impatti ambientali molto forti a causa della mancanza di infrastrutture e l’assenza di regole volte a tutelare questo patrimonio naturale.

In queste zone cosi lontane da strade e servizi pubblici, la spazzatura, l’acqua potabile, il continuo passaggio di macchine cariche di bidoni di benzina diventano problemi sempre più importanti nel momento in cui non si interviene.

Per organizzare e vivere al meglio un viaggio in questa zona della Bolivia, vi consiglio di affidarvi a delle guide turistiche che facciano parte delle comunità della zona. Di seguito vi lascio alcuni link utili che vi possono guidare in questa scelta.

Ora non resta che augurarvi buon viaggio…

www.mancomunidadincahuasi.com
www.tusoco.com
www.ayniturismo.com
www.taykahoteles.com

Blog IT.A.CÀ
Camilla Breschi

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